Maggio  24, 2023 by admin

Pillole di storia panicalese

ODORADO FARNESE ENTRA NEL CASTELLO DI  PANICALE
Castello di Panicale, porta Perugina

Testo tratto da : MEMORIE ISTORICHE di PANICALE TERRA ETRUSCO-UMBRA scritto da Gustavo Grifoni nel 1918 e ristampato nell'anno 2000 per iniziativa dell'Associazione PAN KALON e con la collaborazione dell'Amministraizone Comunale, Sindaco Dott. Daniele Orlandi.

.... Papa Urbano si rifece nel 1631 con l’occupazione di Urbino, lasciatogli dal duca Francesco Maria Della Rovere per senile debolezza. In questo triste tempo la nostra sventu¬rata Italia, dal flagello della guerra, dovette soggiacere a quella ancor più terribile della pestilenza. La nostra comunità non ne fu salva : allora le morìe contagiose erano frequenti, perchè i poveri abitanti specialmente dei contadi, vivevano nella più squallida miseria e nel più ripugnante sudiciume: le loro abitazioni non erano case, ma tuguri senza luce e senz’aria, catapecchie fetide e affumicate, dove in¬sieme cogli uomini vivevano ogni specie di animali domestici. L’egoismo era senza pietà e gli stessi ma¬gistrati papali mandarono ordini, affinchè si mettessero i cancelli in tutti i borghi e terre confinanti con la Toscana e nominativamente a Panica le e suoi appodiati Mongiovino e Tavernelle acciocché fosse impedita, s’intende, l’uscita e l’entrata a quei miseri paesani che rimanevano senza soccorsi e senza conforti, aggiungendosi alle morti orribili anche li scarsità e la carezza dei cibi, cioè la carestia, Tavernelle fu sempre il più percosso dalle malattie contagiose per esser situato in luogo basso, per la povertà degli abitanti, per la insalubrità delle abitazioni e per il sudiciume delle vie, di cui oggi non si può averne nè l’esempio nè l’idea, poiché ad onore di quei borghigiani e degli amministratori del comune, nel nuovo governo nazionale, si migliorarono moltissimo le abitazioni di quella borgata e le condizioni igieniche da render quel paese il più grazioso e piacente borgo del comune.

L’ultimo colera che fece parecchie vittime in Tavernelle, mentre Panicale ne rimase immune, avvenne nell’estate del 1856, anno che segnava pure il declinare del dominio temporale dei papi. Lasciamo quest’argo¬mento rattristante e ritorniamo ai fatti del XVII secolo. Fra i Panicalesi del tempo deve anche ricordarsi un Brunetti Girolamo che, nato nel 1570, dopo lunga carriera militare fu nominato capitano in Panicale, dove esercitò il comando fino al io febbraio 1645 m cui morì. Durante il comando di lui Panicale ebbe a soffrire gravi danni ed ecco come.
I nipoti di papa Urbano Vili (Barberini) essendo molto facinorosi e perfidi, avevano scontentato molti principi, perchè non miravano ad altro che ad accrescere di autorità e di potere la propria famiglia. Papa Urbano, istigato dai suoi nipoti, invitò Odoardo Farnese, duca di Parma, a recarsi a Roma, perchè questi, come duca di Castro (feudo della Chiesa) era considerato quale vassallo di essa. Odoardo cedette all’invito e fu accolto dai Barberini con molti onori. Il papa mostrava di gradire assai la conversazione di lui, principe colto, col quale si tratteneva in discussioni letterarie e filosofiche; però quando propose al duca di fare sposare il suo primogenito a una sua nipote, il Farnese risolutamente rifiutò; da qui gli sdegni le minacce e le vendette dei Barberini contro quel duca.
E Taddeo Barberini con circa 10 mila uomini mosse contro Castro, lo assaltò e lo prese. Tutti i principi d’Italia si commossero, temendo forse che la guerra diventasse generale, e s'interposero mediatori; ma riuscirono vane le loro pratiche, tanto erano ormai esacerbati gli animi dei contendenti. Odoardo Farnese non perdette tempo e attivamente apprestava armi e soldati per la guerra; i denari poi che ne sono il nerbo, li riceveva dai Veneziani, dal granduca di Toscana e dagli Estensi, coi quali aveva segretamente stretta alleanza. E mentre in Italia si aspettava da tutti che le milizie pontificie assaltassero lo stato Parmense, il duca Odoardo, impaziente e impetuoso per natura, con soli tremila cavalieri invase la vicina Romagna e con rapidità fulminea progredendo, penetrò nella forte Umbria, e anche nella valle del Trasimeno mise a sacco campagne e ville e prese Castiglion del Lago, che avrebbe dovuto esser difeso da Fulvio Della Cornia, il quale, all’opposto, si condusse così vilmente che pregava quei di dentro a Castiglione affinché volessero sottoscrivere la resa si mostrò poco valoroso anche il supremo duce Federico Savelli che non si mosse da Montalera con la scusa di aver poca artiglieria e di sentirsi male, dimodoché finì col cedere il comando e col ritirarsi in Perugia ove l’ardore e il coraggio dei cittadini lo mettevano al sicuro. Anche per questo abbandono rimaneva più libera e più rapida l’azione guerresca del duca Odoardo in tutto il contado del Chiugino.
Infatti il 2 di ottobre 1632 la sua cavalleria corse a Panicale, Paciano e Piegaro. Gli abitanti di Panicale, presi così all’improvviso, lasciarono entrare nella loro forte terra le milizie del duca Farnese, anche per consiglio dei principali del luogo che speravano di evitare mali maggiori. Ma quei soldati fatti insolenti dalla facile conquista, entravano nelle case e vi commettevano prepotenze ; quivi gozzo¬vigliando ed ubbriacandosi, oltraggiavano le donne piuttosto belle e piacenti, sicché gli uomini gelosi ne fremevano. Nicio Eritreo in una sua lettera latina, parlando di questa invasione, narra come: alcuni capi di una turma penetrarono nella casa di un’onesta donna per farle violenza, il che essendo pervenuto alle orecchie di un fratello, che era della famiglia dei Francescani, i quali il Poliziano « scherzosamente chiama lignipedi, perchè usano zoccoli di legno come calzari, corre immediatamente entra in casa e poiché null’altro gli viene alle mani, afferra un randello che stava dietro l’uscio e lo dà, con quanta forza può, sulla testa di uno di quei scellerati e subito lo stese morto a terra. Per questo misfatto, montato poi sul cavallo che quel soldato aveva legato alla porta, cercò salvezza nella fuga. Questa uccisione e qualche altra compiutasi nelle vicinanze del castello, accese di tanto sdegno il duce Odoardo che ordinò l’arsione della terra. Però in questo stesso tempo, essendosi il Farnese ammalato ed avendo avuto bisogno di un medico, fu chiamato il dottor Carlo Sperelli di Panicale, giovane appena trentenne, nato d’antica ed agiata famiglia, peritissimo nell’arte medica, per cui era già collegiate di Perugia, protomedico di quella università di stridi, ed era stato più volte chiamato a consulto nei più gravi casi in Chiusi, in Città della Pieve in Orvieto e nella stessa Perugia; fortunatamente gli riuscì a guarire il duca. Questi riconoscente verso il giovane Sperelli, attratto dalle belle sue maniere e dalla dottrina, cedendo alle calde preghiere di lui, ordinò che nell’incendio di Panicale si risparmiassero la Chiesa collegiata, l’archivio e la casa Sperelli; infine appena un terzo delle abitazioni furono distrutte, Insomma Panicale, se non ricevette tutto quel danno che gli era stato minacciato, lo deve ai meriti ed all’amore dell’illustre suo cittadino dottor Carlo Sperelli. Il duca Farnese avrebbe forse corso vittoriosamente tutto lo stato pontificio, se, giunto in Acquapendente, non fosse stato indotto a ritornare ne’ suoi stati dalle esortazioni degli stessi suoi amici ed alleati per timore dì Francia e Spagna. Però nello stesso anno 1643 Per l’ostinazione tracotante dei Barberini nelle inimicizie contro gli altri potentati d’Italia, fu purtroppo visto l’esercito del granduca di Toscana muoversi verso il territorio Perugino ed occupare Castiglion del Lago, Panicale ed anche Città della Pieve; sebbene fosse guardata e difesa dal comandante Frizza Napolitano che la teneva per ordine di Urbano Vili.
All’invasione, i Barberini mandarono milizie nel territorio di Panicale; e sui colli di Mongiovino si azzuffarono co’ soldati toscani; sulle prime fu fierissimo ed ostinato il combattimento; ma non essendosi mosse al soccorso le milizie papali che si trovavano a Corciano, i pon¬tifìci ebbero la peggio e furono costretti a ritirarsi. I Perugini non ebbero gran parte in queste fazioni, perchè il papa, diffidando di loro; non li armò. I Toscani per vendetta, dopo la vittoria riportata a Mongiovino, sciolti ad ogni licenza, saccheggiarono non pochi castelli; i soli Mongiovinesi furono risparmiati, a cagione del loro santuario ; « e tale fu « la riverenza di quei soldati per quel tempio, che sebbene per più dì ne’ suoi dintorni fossero accampati e sapessero che in quel tempio fossero state « deposte le robe più preziose, non osarono penetrarvi per farvi bottino; anzi lasciarono un’elemosina copiosa per la celebrazione di alcune messe; «e ciò rilevasi da un attestato fatto con giuramento, il 18 giugno 1644, da Giovanni Vergaro, «pievano di Mongiovino, conservato nell’archivio. L’abbondante elemosina, fatta dai soldati toscani alla chiesa di Mongiovino era frutto della superstizione loro, perchè credevano con ciò di alleggerire la pro¬pria coscienza delle ruberie, stupri e massacri che avevano altrove commessi.
Panicale fu una delle terre che più sofferse, e ciò che a suo danno non Odoardo Farnese, lo fecero i Toscani, poiché Mattia maestro di campo dei Fiorentini, ne faceva atterrare le fortificazioni; e il granduca Ferdinando vi dominò circa un anno tenendovi presidio numeroso, che doveva essere mantenuto dai poveri abi¬tanti. Finalmente sottoscritta la pace a Venezia, il 31 marzo 1644, le soldatesche toscane sgombrarono il nostro paese. E i Panicalesi il 21 novembre dello stesso anno, essendo già morto papa Urbano VIII, causa di tanti mali, fecero presentare al successore di lui Innocenzo X (Panfili) una supplica del pubblico consiglio per essere dispensati dai dazi e gabelle in compenso dei danni e delle spese sofferte in quell’anno, come aveva già ottenuto Castiglion del Lago. In questa triste e dolorosa epoca fu po¬testà di Panicale Pietro Paolo Brancaleone, che so¬stenne tale carica dal 1640 al 1649, occupandosi con amore e grande attività degli interessi della sua terra nativa. E di questa antica famiglia erano già stati potestà un Ser Filippo, un Ser Giuseppe e un Ser Guido, ciò dimostra la elevata condizione di essa. Famiglie illustri furono nella nostra terra anche i Vannucci che fino dal secolo XIV contarono fra di loro tre legisti e un letterato; e da un ramo di essa trasferitosi nel territorio di Castel della Pieve, si vuole che nascesse Pietro Vannucci, detto il Perugino, gran maestro di pittura che ebbe fra molti altri , a suo discepolo il divin Raffaello…..

Odoardo farnese      Duca Odoardo Farnese
Luglio 20, 2020 by admin

Visita al museo del tulle- Contatti e Orari - panicale

PANICALE, LE OPERE D'ARTE

Per visitare il museo rivolgersi all'ufficio cultura del Comune di Panicale (PG) Tel. 0758379531 o presso l'ufficio informazioni turistiche in Piazza Umberto I° piazza centrale del centro storico di PANICALE -TEL. 075 837433. Gli orari sono indicativi per maggiori info rivolgetevi ai numeri sopra indicati.
ORARIO DI APERTURA con visite guidate: Orario Estivo (Giugno-Settembre) Mattino: 10:00-12:30 Pomeriggio: 16:30-19:00 Orario Invernale (solo Sabato e Domenica) -Dicembre-FebbraioMattino: 10:00-12:30 Pomeriggio: 15:00-17:00 Orario periodi intermedi (primavera e autunno) Mattino: 10:00-12:30Pomeriggio: 15:00-17:00